A Manta un incontro interregionale sul biologico in frutticoltura

La Fondazione Agrion ha ospitato un confronto tecnico sulle possibili soluzioni ai problemi dati dalla coltivazione biologica: un importante tavolo di condivisione di esperienze per il futuro dell’agricoltura piemontese

Giovedì 16 febbraio 2023 a Manta, presso la Fondazione Agrion, si è svolto un confronto tecnico sulla coltivazione biologica di specie arboree da frutto, come pomacee, drupacee e actinidia, dal titolo “Frutticoltura BIO: problematiche e soluzioni”. L’incontro, organizzato dalla Fondazione Agrion, ha visto la partecipazione di tecnici provenienti da ogni parte d’Italia: in particolare, tra i soggetti coinvolti la Fondazione Mach (Provincia autonoma di Trento), il Centro di Consulenza Beratungsring (Provincia autonoma di Bolzano), Federbio e le cooperative Agrintesa e Apofruit (Emilia Romagna), il Centro Studi Agrea e il Settore Fitosanitario della Regione Veneto e tecnici specializzati provenienti dal Friuli Venezia Giulia. Al centro del confronto, i principali problemi dati dalla frutticoltura biologica e la condivisione di possibili soluzioni pratiche.

Negli ultimi anni la superficie frutticola a conduzione biologica sta aumentando in modo importante, come dimostrano i dati di Sistema Piemonte: nella nostra regione, infatti, la superficie a frutta fresca coltivata con il metodo biologico occupa il 19,6%, e in Trentino, Friuli, Veneto ed Emilia Romagna si attesta tra il 10 e il 15%. Un dato in linea con la strategia europea Farm to Fork, che prevede il raggiungimento del 25% delle superfici gestite in biologico entro il 2030, obiettivo ambizioso raggiungibile grazie a strumenti tecnici adeguati per mitigare le criticità fitosanitarie.

Sono diverse, infatti, le difficoltà che gli agricoltori devono affrontare con la coltivazione biologica. In primo luogo c’è il rischio di una produzione incostante, dovuta a problemi fitosanitari che, non potendo essere risolti con i rapidi pesticidi, causano perdite ingenti. Un modo per arginarli è concentrarsi sulle cultivar resistenti o più tolleranti ai principali patogeni, come le varietà di melo Ticchiolatura, che infatti si stanno diffondendo in maniera particolare nel biologico. Un altro esempio è rappresentato, per i portinnesti del melo, dalla serie americana Geneva, che sta dimostrando di essere più tollerante agli attacchi sia del colpo di fuoco batterico sia dell’Afide lanigero. Contro questo fitofago – che per il melo rappresenta un fattore limitante in tutti gli areali e può portare all’estirpo di interi meleti – sono fondamentali una corretta gestione agronomica e il biocontrollo: per contrastare l’Afide lanigero si salvaguarda infatti il limitatore naturale Aphelinus mali. Si tratta di interventi importanti anche se non sempre risolutivi, che pertanto richiedono numerosi tentativi e studi.

Per quanto riguarda la cimice asiatica (Halyomorpha halys), che ha portato ingenti danni sia per la produzione integrata sia per quella biologica per tutte le specie frutticole, il metodo biologico prevede il ricorso alle reti multifunzionali per bloccare l’ingresso dell’insetto nei frutteti. Anche la lotta biologica attuata a livello nazionale mediante l’introduzione di limitatori naturali parassitoidi sta iniziando a dare i primi segnali positivi nel contenimento naturale della cimice: si tratta in primo luogo del Trissolcus japonicus, ma anche del T. mitzukurii e di parassitoidi autoctoni, come l’Anastatus bifasciatus e l’Ooencyrtus telenomicida. Riguardo alla coltura del pero, oltre alla suddetta cimice, in Veneto ed Emilia Romagna è il fungo della Maculatura bruna a causare i danni più gravi, soprattutto sulle varietà sensibili come Abate Fétel e Conference, mentre in Piemonte il primo fattore limitante è il colpo di fuoco batterico.

Per ciò che riguarda le drupacee, in Italia la loro coltivazione biologica è diffusa principalmente in Emilia-Romagna e nel centro-sud, in quanto le condizioni climatiche delle regioni del nord, essendo più favorevoli allo sviluppo delle Moniliosi, ne limitano la produzione, soprattutto del pesco. Anche in questo caso si tende a ricorrere a cultivar più rustiche e meno sensibili alla Monilia.

Una seconda criticità del metodo biologico è la gestione del suolo, importante nella coltivazione sia integrata sia biologica per la salute delle piante. L’obiettivo è aumentare la fertilità biologica del terreno attraverso un buon grado di umificazione e ossigenazione degli strati più superficiali interessati dalle radici delle piante.

I tecnici si sono infine confrontati sul tema della biodiversità: in particolare occorre aumentare quella dell’ecosistema dei frutteti dedicando alcune aree limitrofe a semine controllate di specie erbacee, secondo le tecniche di cover crops e flower strips. Questa pratica dovrebbe favorire l’attività delle api e di altri impollinatori e creare un habitat ospitale per tutti gli insetti utili (come l’Aphelinus), migliorando così l’attività di lotta biologica contro i principali insetti fitofagi.

In conclusione, l’incontro organizzato dalla Fondazione Agrion ha avuto il merito di dare voce a tecnici provenienti da diverse regioni d’Italia, rappresentando un’importante opportunità di confronto che darà certamente buoni frutti. Fondamentale per ottimizzare il percorso verso il biologico, infatti, è fare rete tra le realtà che operano su differenti territori: solo la condivisione di esperienze concrete e di opinioni scientificamente fondate potranno facilitare questa transizione del mondo agricolo.

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