Le attività progettuali di seguito brevemente descritte rappresentano la ricerca di risposte ai bisogni di innovazione espressi dalle filiere. Vengono svolte attraverso collaudati protocolli scientifici che prevedono l’aggiornamento del percorso sperimentale con nuovi materiali e nuove tecniche di coltivazione (nuove varietà, innovative tecniche colturali, strategie di difesa, ecc.). I progetti di seguito descritti rappresentano la miglior strategia per migliorare la sostenibilità e la competitività della produzione agricola piemontese e sono focalizzati su: innovazione varietale, architettura e gestione delle colture, difesa integrata e biologica dalle avversità, tecniche colturali ecosostenibili, valorizzazione del germoplasma locale, qualità e post-raccolta delle produzioni.
Le attività, svolte dal 01/07/2023 al 31/12/2024, sono suddivise in singoli progetti che riguardano tematiche afferenti a Frutticoltura, Orticoltura, fragola e piccoli frutti, Corilicoltura e Vitivinicoltura.
Progetto I – Frutticoltura: Orientamento varietale dei fruttiferi
Le attività del progetto vengono svolte nel Centro Ricerche per la Frutticoltura di Fondazione Agrion, situato nel Comune di Manta (CN). L’orientamento varietale dei fruttiferi rimane uno dei pilastri fondamentali al fine di garantire alle aziende frutticole redditività delle produzioni e sostenibilità ambientale.
Obiettivi
Le sfide da affrontare nella frutticoltura moderna sono sempre più ardue e difficoltose.
Tra i fattori emergenti vi è il cambiamento climatico, questo ha infatti un’influenza diretta su: problematiche fitosanitarie, equilibrio vegeto-produttivo delle piante, stress fisiologici e qualità dei frutti.
La genetica e l’innovazione varietale che ne scaturisce, sono tra i fattori determinati per mitigarne l’effetto, continuando ad armonizzare “sostenibilità economica” e “sostenibilità ambientale” delle produzioni.
Nel concreto va rafforzata la selezione di varietà a basso impatto ambientale, di elevata qualità e facilmente gestibili in pieno campo, anche grazie a resistenze/tolleranze ai patogeni chiave, che risulta un elemento d’innovazione in continua evoluzione e aggiornamento.
La valutazione delle cultivar potenzialmente interessanti per il Piemonte è effettuata nell’azienda sperimentale, su una superficie di 8 ettari, attraverso collaudati protocolli di ricerca che permettono un efficace screening dei materiali, modulato sulle reali esigenze del comparto.
I materiali in osservazione per il 2024 sono:
- 176 cultivar/ selezioni avanzate di melo
- 31 di pero
- 121 di pesco e nettarine
- 39 di albicocco
- 60 di ciliegio
- 11 di susino
- 10 ibridi interspecifici tra susino e albicocco
- 5 di actinidia suddivisi tra le specie Actinidia chinensis var. deliciosae Actinidia chinensis var. chinensis
- 6 di noce
- 6 di mandorlo
I portinnesti in prova sono: trenta di melo, tre di pero, sei di pesco, sette di ciliegio e cinque di actinidia.
I rilievi dei descrittori agro-pomologici e chimico/fisici che caratterizzano ogni singola varietà/selezione sono riuniti in apposite schede pomologiche. Il confronto prevede il rilievo su di un numero rappresentativo di frutti per singola cultivar in valutazione e seguente elaborazione statistica per l’individuazione delle differenze.
I rilievi dei descrittori agro-pomologici e chimico/fisici che caratterizzano ogni singola varietà/selezione sono riuniti in apposite schede pomologiche. Il confronto prevede il rilievo su di un numero rappresentativo di frutti per singola cultivar in valutazione e seguente elaborazione statistica per l’individuazione delle differenze.
Ogni specie ha i propri descrittori specifici ma l’ossatura della scheda è comune e permette di caratterizzare i genotipi e, dopo tre anni di osservazioni, di fornire un giudizio finale di conformità al superamento della prima fase di valutazione e l’eventuale passaggio alla sperimentazione estesa.
Il confronto dei portinnesti, comune a tutte le specie, prevede il rilievo su di un numero rappresentativo di alberi prendendo in esame l’attività vegetativa (dimensioni del tronco, emissioni di polloni) e l’attività produttiva (produzione per albero e pezzatura dei frutti). I dati vengono raccolti e successivamente elaborati statisticamente per l’individuazione delle differenze.
Risultati
I risultati conseguiti con le ricerche condotte nell’ambito del “Progetto I – Frutticoltura: Orientamento varietale dei fruttiferi” sono stati pubblicati all’interno delle Linee tecniche frutticoltura, distribuite gratuitamente e consultabili online sul sito della Fondazione previa registrazione. (Link)
Progetto II – Frutticoltura: Tecnica colturale
Obiettivi
Le attività di tecnica colturale sono volte all’espletamento delle direttive previste dal PAN che prevede l’utilizzo di metodi e mezzi produttivi e di difesa dalle avversità volti a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi e fertilizzanti, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici. La sperimentazione è condotta attraverso prove mirate ed allestite sulle problematiche evidenziate dai tecnici del coordinamento e dalle aziende agricole. Altre attività sono allestite per la verifica e l’innovazione delle tecniche produttive in ambito di difesa integrata e biologica. Tali attività sono inoltre funzionali all’aggiornamento del disciplinare di produzione integrata rilasciato ogni anno a cura del Settore Fitosanitario e Servizi Tecnico-Scientifici (SFR). Le attività progettuali sono svolte mediante l’impiego razionale di fitofarmaci a basso impatto ambientale, resi disponibili dalla ricerca di settore e dall’applicazione di innovative pratiche colturali.
Lo stretto collegamento con il comparto produttivo garantisce la tempestività della sperimentazione e della divulgazione impedendo il diffondersi di fitopatie e fitofagi, prima che queste diventino un’emergenza fitosanitaria accogliendo l’esigenza di limitare l’impiego dei mezzi chimici.
Descrizione delle attività e risultati
2.1 – Verifica di efficacia di strategie di difesa contro la nuova sindrome del Colletotricum spp. del melo (Glomerella leaf spot)
La sindrome del Colletotrichum spp., comunemente conosciuta come Glomerella leaf spot, rappresenta una nuova minaccia per il settore melicolo piemontese.
Questa malattia era già presente sul territorio e conosciuta come Gleosporiosi e il danno consisteva in marciumi su frutto. Il suo comportamento è tuttavia recentemente cambiato e nei casi osservati è stato in grado di attaccare anche le foglie determinando in alcuni meleti una quasi completa filloptosi delle piante colpite.
Sebbene la sintomatologia (spot fogliari, filloptosi e marciumi sui frutti) fosse già stata osservata nel 2022 quest’anno il patogeno è stato isolato dal Settore Fitosanitario in diversi meleti e zone del territorio. Le varietà più colpite sono state quelle appartenenti al gruppo Gala e Golden Delicious, tuttavia, sono stati segnalati casi anche su Crimson Snow® MC38, Granny Smith e Inored Story®.
Le più recenti pubblicazioni derivanti da studi realizzati in sud America (Uruguay e Brasile) non fanno riferimento ad un unico patogeno fungino quale responsabile della malattia ma ad un gruppo di funghi appartenenti al genere Colletotrichum spp. (C. gloeosporioides, C. fructicola e C. chrysophilum). Questi funghi si sviluppano in occasione di primavere umide e piovose, in particolare nel mese di giugno. Trascorrono l’inverno nei meleti sulle foglie colpite cadute a terra e da lì si originano le infezioni dell’anno successivo. I primi sintomi compaiono generalmente tra la fine di giugno e inizio luglio, prima su foglie e poi quando inizia la filloptosi anche su frutto. La Glomerella leaf spot si manifesta attraverso macchie necrotiche e lesioni sulle foglie, che possono successivamente diffondersi ad altre parti della pianta, compromettendo la crescita, la produttività e la qualità del raccolto. Di fronte a questa crescente minaccia, è fondamentale sviluppare strategie di difesa efficaci e sostenibili per mitigare l’impatto della Glomerella leaf spot. La presente prova si propone di valutare l’efficacia in campo dei principi attivi attualmente disponibili contro le gleosporiosi e marciumi da conservazione al fine di identificare soluzioni che siano non solo efficaci ma anche sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico. I risultati di questa ricerca saranno di fondamentale importanza per fornire alle aziende agricole del nostro territorio un approccio basato su evidenze scientifiche per la gestione della Glomerella leaf spot e per proteggere la stabilità e la redditività del settore melicolo locale.
Risultati
Colletotrichum spp. nel 2024 si è notevolmente diffuso nell’areale melicolo piemontese, provocando danni in zone che non erano ancora state interessate dall’arrivo del patogeno. Dalla presente prova si evince che le tesi migliori sono state quelle con Dithianon o Captano abbinati al fosfonato e applicati nella prima finestra (giugno): in particolare il Dithianon + fosfonato ha mostrato il miglior risultato di contenimento della malattia. Al fine di contrastare la patologia risulta dunque fondamentale intervenire in una fase precoce, in cui non sempre è possibile vedere delle manifestazioni su foglia. Al 03/09/2024 tutte le tesi risultano fortemente colpite in quanto due soli trattamenti non sono sufficienti per contrastare la diffusione del fungo, tuttavia questa prova ha permesso di individuare le molecole maggiormente efficaci e i momenti più critici per la difesa.
2.2 – Valutazione dell’efficacia di strategie per il contenimento del Colpo di fuoco batterico delle pomacee attraverso l’impiego di prodotti a ridotto impatto ambientale.
Questa patologia causata dal batterio Erwinia amylovora continua a rappresentare una crescente minaccia per la coltivazione delle colture melo e pero in Piemonte. Infatti, nonostante la presenza dei sintomi si sia ridotta nel periodo primaverile del 2023 a causa di temperature meno favorevoli al patogeno, si è registrato un aumento della problematica in autunno causato dalle temperature anomale di fine settembre – inizio ottobre.
Come è noto, il batterio sverna sui cancri, sulle perule delle gemme e a livello corticale, all’interno dei vasi linfatici. La diffusione avviene ad opera dell’acqua, degli insetti pronubi o attraverso le operazioni di potatura.
La penetrazione del patogeno all’interno della pianta avviene principalmente attraverso i fiori delle fioriture secondarie, ma anche attraverso ferite o stomi fogliari. Le infezioni a carico dei nuovi germogli in accrescimento si verificano con temperature comprese tra 18 e 24 °C in corrispondenza di periodi umidi e piovosi, e risultano molto frequenti in Piemonte. I sintomi, si manifestano repentinamente e sono costituiti da seccumi di foglie, fiori e germogli e, ad uno stadio più avanzato, dal disseccamento di branche o dell’intera pianta.
Al momento, l’intervento più efficace per contenere la diffusione della malattia è la rimondatura delle parti sintomatiche (rami e branche) e l’estirpo delle piante completamente colpite.
L’obiettivo dell’attività sperimentale sarà quello di valutare l’efficacia di strategie alternative da adottare nella fase primaverile su pomacee mediante l’impiego di prodotti a ridotto impatto ambientale e nello specifico di formulati con limitato contenuto di rame che sono in grado di limitare lo sviluppo della malattia senza impattare negativamente sulla qualità estetica dei frutti.
Risultati
La prova sperimentale condotta nell’appezzamento sito nel comune di Revello (CN), non ha permesso di determinare l’efficacia dei due fertilizzanti a basso contenuto di rame testati, in quanto la malattia non è comparsa neanche nel parcellone non trattato: infatti da un punto di vista statistico, non sono emerse differenze significative tra le due diverse tesi e tra queste ed il testimone non trattato. In questo contesto, le basse temperature verificatesi in maggio, hanno sicuramente sfavorito la diffusione della malattia, che infatti nel 2024 si è concentrata solamente negli areali maggiormente colpiti, come il comune di Cavour (TO).
2.3 – Verifica efficacia di trattamenti autunnali atti a ridurre la massa d’inoculo di Ticchiolatura del melo.
La ticchiolatura del melo (Venturia inaequalis) continua a rappresentare il primo patogeno su melo. Il fungo sverna sulle foglie colpite cadute a terra in autunno. Nel corso dell’inverno, ed in particolare con condizioni di elevata umidità dei mesi autunnali e di fine inverno, si verifica la maturazione degli pseudoteci e la preparazione delle ascospore. In Italia, la difesa nei distretti produttivi delle regioni centro-settentrionali, è basata su interventi di tipo preventivo poiché le condizioni pedo-climatiche sono particolarmente favorevoli alla malattia. Tali interventi mirano al contenimento delle infezioni primarie e vengono realizzati nel periodo di maggiore sensibilità primaverile.
La massa d’inoculo a inizio stagione risulta proporzionale all’attacco di ticchiolatura riscontrato l’anno precedente, pertanto, è facile intuire come i mezzi di profilassi autunnale, tra cui l’eliminazione delle foglie cadute, possano risultare determinanti nel contenimento della malattia.
Nella situazione attuale, i cambiamenti climatici stanno determinando un prolungamento del ciclo vegetativo delle piante posticipando la caduta delle foglie nel periodo invernale inoltrato. Di conseguenza la capacità della pedofauna e dei microrganismi di distruggere naturalmente le foglie a terra risulta ridotta. L’obiettivo della sperimentazione, in continuità con quanto messo in atto gli anni scorsi, è quello di cercare di anticipare la filloptosi naturale mediante l’impiego di concimi fogliari a base di potassio e rame che sono in grado di arrestare l’attività vegetativa e facilitare quindi la caduta delle foglie. Indirettamente, dopo la rimozione delle foglie, confrontato con il testimone non trattato si valuterà se tale trattamento può perfezionare la distruzione dell’inoculo determinando quindi una minor presenza di ticchiolatura nella stagione successiva.
Risultati
Nell’annata 2024 si è assistito ad un numero di infezioni ben più pesati e numericamente maggiori rispetto a quello osservato nel 2023: la ticchiolatura, insieme a molti patogeni favoriti dall’umidità, è risultata di difficile gestione e ha richiesto la massima attenzione da parte dei produttori per l’intera durata delle piogge primaverili. La sensibilità varietale è determinante per programmare una strategia di difesa, come il cercar di diminuire l’inoculo presente.
Per questo motivo si è effettuato questa sperimentazione sulla varietà Ambrosia, siccome nel paniere varietale risulta tra le più sensibili. La tecnica di velocizzare la caduta delle foglie può essere un contributo aggiunto ma è chiaro che deve associato ad una strategia chimica. È stato osservato una diminuzione numerica (senza osservare una differenza statisticamente significativa) di germogli colpiti da Venturia Inaequalis se si utilizzano a fine stagione precedente, prodotti che velocizzano la caduta delle foglie e che quindi velocizzano la decomposizione delle foglie riducendo la massa d’inoculo.
2.4 – Verifica di efficacia di strategie alternative di contenimento dell’afide lanigero mediante trattamenti in chioma, in bruno e primaverili.
L’afide lanigero, Eriosoma lanigerum, è un fitofago originario del Nord America, dove compie un ciclo dioico su olmo americano e melo. Dagli inizi del novecento si è diffuso in tutto il mondo, in Europa svolge un ciclo monoico eterotopo, in quanto vive esclusivamente su melo, localizzandosi nel corso della stagione su diversi organi della pianta (radici, e chioma).
Nel corso degli ultimi anni sta rappresentando una seria minaccia per tutti i meleti piemontesi tanto da rappresentare un fattore limitante per la produzione. Ciò è dovuto sia alle condizioni climatiche degli ultimi anni, caratterizzate da inverni miti, primavere fresche ed autunni più caldi, che favoriscono la proliferazione del fitofago, sia alla sempre minor presenza sul mercato di sostanze attive con azione specifica nei confronti dell’afide.
Si è così presentata la necessità di mettere in atto nuove strategie di difesa, volte ad abbattere la popolazione svernante. Negli ultimi anni, come osservato dalle sperimentazioni realizzate nei precedenti progetti, l’afide si sta adattando ai cambiamenti climatici e la maggior parte della popolazione sverna direttamente sulla chioma della pianta. A tal fine, nel corso della presente attività, verranno valutate diverse strategie di contenimento mediante trattamenti in bruno e in primavera attraverso il confronto tra lo standard di riferimento e prodotti di origine naturale più sostenibili a livello ambientale.
Risultati
In conclusione, è possibile riassumere:
- L’effetto dei trattamenti: in generale, i trattamenti in bruno non hanno evidenziato impatti significativi sull’infestazione. I trattamenti in ripresa vegetativa, invece, sono risultati utili nel contenimento dell’afide lanigero, con il principio attivo Pirimicarb che si è dimostrato il più efficace.
- La persistenza dell’infestazione: i rilievi effettuati successivamente ai trattamenti in bruno (marzo e aprile), hanno mostrato una situazione costante nell’evoluzione della colonizzazione da parte dell’afide. I rilievi effettuati successivamente al trattamento in ripresa vegetativa (maggio e giugno) hanno mostrato una buona efficacia nel limitare la proliferazione dell’afide lanigero.
- La variabilità temporale: l’infestazione potrebbe essere influenzata da fattori ecologici e/o biologici. Dalle osservazioni effettuate in campo, infatti, emerge che, a causa delle temperature invernali più miti degli ultimi anni, l’afide lanigero riesca, in alcuni casi, a svernare direttamente in chioma, senza dover necessariamente migrare al colletto. Questi aspetti, tuttavia, necessitano di ulteriori approfondimenti e monitoraggio costante. Per quel che riguarda il periodo relativo ai trattamenti effettuati in bruno, l’evoluzione dell’infestazione risulta costante, senza mettere in luce particolari variazioni. Durante il periodo relativo alle prove effettuate al momento della ripresa vegetativa, invece, si assiste a una progressiva diminuzione dell’infestazione nelle tesi trattate. Uno dei fattori che ha sicuramente inciso sullo sviluppo dell’afide lanigero è l’azione dell’Aphelinus mali, suo parassitoide: esso, infatti, osservato in campo a partire da fine di maggio, ne ha notevolmente ridotto le colonie, rendendo più difficoltosa l’effettiva efficacia dei prodotti saggiati.
- Considerazioni statistiche: i trattamenti effettuati in bruno non evidenziano, da un punto di vista statistico, differenze significative rispetto al testimone non trattato. I trattamenti effettuati in ripresa vegetativa, invece, mostrano differenze numericamente significative, suggerendo una buona efficacia del Pirimicarb nel contenimento dell’afide lanigero.
2.5 – Monitoraggio Drosophila suzukii sul territorio.
L’attività è propedeutica alla pianificazione della strategia di difesa nell’ottica di ottimizzare gli interventi fitosanitari. L’attività di monitoraggio, svolta in continuità con gli anni precedenti, è indispensabile per fornire indicazioni precise e tempestive sul livello di rischio e sul corretto posizionamento degli interventi con l’obiettivo di ridurli. Negli ultimi anni è stata riscontrata una crescente presenza del fitofago nei ceraseti piemontesi, in particolare su varietà tardive, intaccando la produzione con picchi di danno sino al 30%.
Per il monitoraggio della popolazione, saranno posizionate trappole nei frutteti suscettibili all’attacco di questo moscerino.
Risultati
Il monitoraggio svolto nel 2024, come dalle indagini condotte gli anni precedenti in diversi impianti di fruttiferi, ha messo in evidenza come D. suzukii sia ormai insediato e largamente diffuso in tutta l’area frutticola pur con variabilità nell’epoca e nel numero di catture a seconda della località e della coltura. A tal proposito è stato anche condotto un monitoraggio sull’uva da tavola nella località di Revello (CN), che ha messo in evidenza una consistente popolazione presente anche su questa coltura. Le abbondanti piogge primaverili hanno inizialmente sfavorito il volo dell’insetto, che è stato poi abbondantemente rilevato a fine giugno/inizio luglio, in coincidenza con la maturazione delle varietà tardive di ciliegio, tuttavia in generale, la popolazione rilevata nei tempi di maturazione del ciliegio è risultata inferiore a quanto riscontrato nel 2023.
Gli esiti del monitoraggio sono stati resi pubblici in tempo reale, a beneficio di tutti gli interessati sul sito della Fondazione Agrion (https://www.agrion.it/drosophila-suzukii/).
Progetto III – Orticoltura, fragola e piccoli frutti: Orientamento varietale
Obiettivi
Il comparto piccoli frutti ha avuto, in generale, un notevole sviluppo nel corso degli ultimi anni come dimostrano i dati relativi alle superfici coltivate. Questo aumento di interesse porta con sé la necessità da parte dei produttori di avere informazioni per individuare nell’ambito delle diverse specie le varietà più performanti o idonee al periodo di commercializzazione. Per questo il Centro Ricerche per l’Orticoltura, Fragola e Piccoli Frutti di Fondazione Agrion, situato nel Comune di Boves (Cn) programma e realizza attività progettuali focalizzate sul confronto varietale tarato sulle peculiarità delle diverse specie di piccoli frutti. Per il settore orticolo è indispensabile individuare varietà resistenti alle principali patologie che garantiscano al tempo stesso ottimi livelli produttivi, elevati standard qualitativi e facile gestione del post-raccolta. Le attività progettuali partono con l’individuazione di nuove selezioni e varietà commercializzati dalle ditte sementiere e dai breeder. La possibilità di sperimentare accessioni non ancora licenziate consente di anticiparne la valutazione, ottenere informazioni circa il loro comportamento negli areali piemontesi prima della loro immissione in commercio. I materiali individuati sono messi a dimora nei rispettivi appezzamenti prova, sottoposti a valutazioni vegeto-produttive-qualitative e di adattamento alle condizioni pedoclimatiche piemontesi al fine di ritenerli validi al rinnovamento e/o ampliamento varietale. Il coinvolgimento di produttori, tecnici e operatori del settore permette invece di ottenere informazioni sul potenziale di mercato dell’accessione e completare il quadro relativo a “punti di forza” e “criticità” dei diversi materiali a confronto con la creazione di apposite “liste di orientamento varietale” relative agli areali piemontesi e rispondenti alle esigenze dei mercati di riferimento. La valutazione dei materiali in osservazione viene eseguita seguendo il percorso di sviluppo delle piante dalla messa a dimora alla maturazione dei frutti. Durante il ciclo produttivo vengono compilate le schede pomologiche realizzate sulla base delle schede CPVO per la registrazione delle varietà. La valutazione del potenziale produttivo e delle caratteristiche pomologiche dei frutti viene realizzata con la raccolta da piante parcella con raccolte cadenzate secondo l’epoca di maturazione.
Fragola e Piccoli Frutti
Le attività progettuali sono svolte interamente presso il Centro Sperimentale di Boves dove in appezzamenti dedicati a fragola e piccoli frutti vengono valutate le diverse accessioni:
- Fragola
Per la valutazione delle nuove accessioni di fragola unifera ogni anno viene allestito un tunnel di coltivazione che ospita mediamente circa 40 varietà e/o selezioni (46 accessioni media del quinquennio 2019-2023) coltivati in piena terra. Per quanto riguarda la fragola rifiorente viene utilizzato un tunnel allestito con la tecnica del fuori suolo secondo la tecnica colturale maggiormente diffusa in regione. Mediamente vengono testati 25-30 materiali (32 media dell’ultimi quinquennio) coltivati in fuori suolo utilizzando substrato a base torba.
- Piccoli frutti
Le diverse specie di piccoli frutti sono gestite in appezzamenti dedicati dotati di coperture dalle intemperie e nella maggior parte degli impianti dotati di rete antinsetto per la protezione dagli attacchi del moscerino dagli occhi rossi (Drosophila suzukii). Per il mirtillo sono in osservazione 45 materiali, le varietà di lampone sono gestite separatamente in funzione della tipologia di produzione e sono circa 9 per quanto riguarda gli uniferi e una ventina per i materiali rifiorenti.
Ortaggi
Considerando le esigenze particolari delle diverse specie oggetto di confronto e le condizioni pedoclimatiche che caratterizzano i diversi areali piemontesi, le verifiche sono condotte, in parte, presso il Centro Ricerche per l’Orticoltura di Boves (per quanto riguarda lo screening varietale patata) ed in parte presso aziende di riferimento. Trattandosi di specie annuali con attività di sviluppo svolte dalle ditte sementiere il numero di accessioni da valutare è in funzione dell’avanzamento dei progetti di ricerca delle ditte. Mediamente vengono posti in sperimentazione circa 20 varietà/selezioni di patata, 14 accessioni di pomodoro, 5 diversi portainnesti, 20-25 materiali di peperone ibrido mezzo lungo, circa 10 materiali di cavolfiore e 6 di zucchino.
Risultati
I risultati conseguiti con le ricerche condotte nell’ambito del “Progetto III – Orticoltura, fragola e piccoli frutti: Orientamento varietale” sono stati pubblicati all’interno delle Linee tecniche orticole, distribuite gratuitamente e consultabili online sul sito della Fondazione previa registrazione (Link)
Progetto IV – Orticoltura, fragola e piccoli frutti: tecnica colturale
Obiettivi
La sperimentazione realizzata nell’ambito di questo progetto prevede l’allestimento di prove mirate scaturite dalle problematiche evidenziate dai tecnici afferenti al coordinamento, dai produttori o sulla base delle innovazioni.
Le attività sono volte a soddisfare le direttive del PAN che prevede l’impiego di metodi e mezzi produttivi e di difesa dalle avversità, che puntino ad ottenere una riduzione dell’uso di sostanze chimiche di sintesi e alla razionalizzazione della fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici.
Le attività realizzate nell’ambito di questo progetto possono essere inoltre funzionali all’aggiornamento delle tecniche produttive del disciplinare che il SFR rilascia con le norme di produzione integrata nonché l’aggiornamento delle linee tecniche valide per l’agricoltura biologica. Il collegamento a doppio flusso con il comparto produttivo permette di trasferire agevolmente alla base produttiva quanto scaturisce dalle prove realizzate.
4.1 Confronto coltivazione in suolo e fuori suolo di mirtillo.
Il mirtillo è stato e continua ad essere al centro dell’interesse di molti produttori raggiungendo, nel 2023, i 680 ettari di superficie coltivata. La coltivazione è quasi esclusivamente realizzata in pieno campo ma è vivo l’interesse per un possibile sviluppo della coltura con la tecnica del fuori suolo.
Nell’ottica di poter valutare le differenze tra le due tecniche di coltivazione, presso il centro sperimentale orticolo nel 2022 è stata avviata una prova di confronto tra piante di Duke coltivate in piena terra e piante coltivate in vaso con substrato a base di torbe.
Risultati
In seguito all’estirpazione delle piante in suolo effettuata in estate non è stato possibile confrontare i materiali in vaso con quelli in suolo dal punto di vista della produttività e della qualità. È stato però possibile rilevare alcuni dati distintivi delle due selezioni della stessa varietà. La Duke “20” ha evidenziato un portamento eretto più simile alle caratteristiche della varietà mentre la selezione “F” ha evidenziato un portamento più procombente e la tendenza ad essere meno rivestita di foglie nella parte basale del cespuglio. Dal punto di vista produttivo nel 2023 le produzioni erano risultate sostanzialmente identiche (778 g/pianta Duke “20” vs 790 g/pianta Duke “F”) mentre nell’annata corrente il divario a favore della selezione “F” è aumentato portando ad un differenziale di 500 g/pianta.
Per quanto riguarda il consumo di acqua nonostante le elevate precipitazioni del 2024 le piante in vaso hanno richiesto irrigazione in quanto la copertura della superficie del vaso data dalla presenza della chioma ha reso praticamente nulli gli apporti pluviometrici. La piovosità ha evidentemente favorito le piante in suolo che hanno potuto beneficiare degli apporti pluviometrici registrati durante il ciclo vegeto-produttivo con un risparmio idrico del 59% rispetto alle piante in vaso. Per ottenere un dato realistico sulle differenze di “consumo irriguo” è necessario un periodo di monitoraggio non limitato ad un anno e che prenda in considerazione anche annata a ridotti apporti pluviometrici.
4.2 Confronto coltivazione mirtillo in vaso sotto rete antigrandine e sotto pannelli fotovoltaici.
La possibilità di realizzare impianti agrivoltaici coinvolge molte specie vegetali e l’interesse per i produttori di poter abbinare alle coltivazioni la produzione di energia elettrica se da un lato può rappresentare un’opportunità di integrazione di reddito dall’altra deve essere ponderata sulla base del comportamento delle piante collocate sotto le strutture. Per questo, presso il centro ricerche di Manta, è stato installato un impianto destinato all’agrivoltaico prendendo in considerazione la coltura del mirtillo. Piante adulte sono state collocate sotto la struttura mentre altri vasi con piante coetanee sono state dislocate in pieno campo sotto copertura antigrandine (vasi di controllo). Il monitoraggio delle piante durante l’intero ciclo produttivo con la registrazione dei dati relativi al comportamento vegeto-produttivo permetterà nel tempo di valutare l’influenza generata dalla copertura sulle piante evidenziando i vantaggi e le criticità dalla coltivazione sotto i pannelli fotovoltaici.
Risultati
Dai dati raccolti nel 2024, viene in parte confermato quello che è stato visto nell’anno precedente. Infatti, anche quest’anno si è registrato un leggero anticipo della ripresa vegetativa nei vasi al di sotto dei pannelli rispetto al controllo, anticipo che si è poi confermato anche nelle fioriture. Il motivo potrebbe essere dovuto al fatto che la struttura funge da riparo e permette di mantenere un “microclima” più favorevole per le piante di mirtillo. Rispetto all’anno precedente però non si è evidenziato un maggior sviluppo delle piante testimoni, infatti, i valori del volume non sono statisticamente significativi. Nonostante l’anticipo delle fioriture al di sotto dei pannelli, l’epoca di maturazione risulta più precoce nei vasi del controllo, in questo caso il motivo potrebbe essere legato all’ombreggiamento della struttura che ha rallentato la maturazione dei frutti.
A livello produttivo, le piante al di sotto della struttura hanno portato ad una produzione e una pezzatura maggiore rispetto al testimone. Questa differenza potrebbe essere stata provocata dai ritorni di freddo registrati durante l’allegagione quando il mirtillo risulta essere sensibile a temperature prossime a 0°C. In questo caso le piante collocate sotto la struttura potrebbero aver beneficiato di temperature superiori rispetto a quelle registrate in pieno campo. Da segnalare che quest’anno sia le piante al di sotto della struttura, sia le piante nel frutteto sono state oggetto di danni da Drosophila suzukii che ha causato cascola dei frutti in occasione del secondo stacco. Dai dati riguardanti l’ombreggiamento e i DLI (Daily light Integral) disponibili per la pianta, si può affermare che l’ombreggiamento del 60% pur riducendo notevolmente la luce disponibile per le piante permette di soddisfare solamente in parte le esigenze fisiologiche.
4.3 Valutazione di diverse combinazioni di innesto su pomodoro cuor di bue.
In taluni ambiti orticoli e principalmente su pomodoro cuor di bue vengono utilizzati i portinnesti con l’obiettivo di fornire maggior spinta alle piante e sfruttare i pacchetti di resistenze ai principali patogeni tellurici. Nella scelta del portinnesto è indispensabile ottenere il binomio nesto-portinnesto che permetta di raggiungere il miglior comportamento vegeto-produttivo. Le attività di screening realizzate annualmente dalla Fondazione, hanno permesso di individuare e introdurre in coltivazione una varietà innovativa. Nell’ottica di quanto indicato in premessa di ottenere il miglior connubio varietà-portinnesto è stata avviata un’attività di screening di portinnesti. Le prove prevedono la messa a dimora di diversi portinnesti nell’ambito di due diversi trapianti in modo da poter giudicare il comportamento dell’abbinamento nel ciclo lungo e medio di coltivazione. La valutazione è improntata principalmente su monitoraggio delle produzioni raccolte, sviluppo e sanità delle piante.
Risultati
I dati rilevati evidenziano come il trapianto del 5 marzo (primo trapianto) sia stato condizionato dall’andamento meteorologico che ha determinato una riduzione del calibro delle bacche come evidenziato dall’elevata percentuale di sotto-calibro. Kaiser si conferma un buon portinnesto per questo ciclo di produzione insieme a SG503130 che conferma il buon andamento del 2023. Nel secondo trapianto (10 aprile) i dati produttivi sono stati praticamente identici tra i materiali in osservazione con la sola eccezione di Ficus che ha fornito rese inferiori ai 22 kg/pianta. Osservando la media calcolata sul triennio di prova Embajador si conferma più performante rispetto a SG503130 e soprattutto conferma il miglior comportamento rispetto a Kaiser in questo ciclo produttivo.
4.5 Confronto tra la forma di allevamento a due e tre branche in pomodoro cuor di bue.
La gestione del pomodoro cuor di bue è passata negli anni dall’allevamento di piante mono-caule non innestate e piante innestate con lo sviluppo di due branche. La disponibilità di nuove varietà e portinnesti maggiormente vigorosi potrebbe consentire di incrementare ulteriormente il numero di branche ottenendo degli incrementi produttivi. Parallelamente la possibilità di aumentare il numero di branche potrebbe permettere un aumento delle distanze di impianto con un risparmio per il produttore. La sperimentazione che si intende realizzare ha come obiettivo quella di mettere a confronto dal punto di vista vegeto produttivo piante allevate con la tecnica classica e piante con l’allevamento di una branca supplementare.
Risultati
In questo primo anno di attività i dati raccolti appaiono positivi. L’allevamento di una terza branca a partire dalla base della pianta ha evidenziato un incremento di produzione superiore al 20% senza compromettere la qualità della stessa. Tutti i dati relativi alla caratterizzazione delle produzioni sono stati analizzati statisticamente (SPSS vers. 25, verifica preliminare di normalità e omogeneità della varianza, analisi della varianza mediante ANOVA e separazione delle medie con il Tukey test) e tutte le differenze registrate durante la stagione produttiva non sono risultate significative.
Nonostante la presenza della terza branca, le piante non hanno evidenziato criticità, i dati relativi alla crescita hanno evidenziato un maggior interasse tra i palchi fruttiferi indice di una leggera filatura della pianta mentre il diametro del fusto, in linea con quanto ipotizzato, è risultato inferiore rispetto al testimone. Nonostante la maggior presenza di vegetazione nella parcella a tre branche non sono state però rinvenute maggiori problematiche fito-patogene rispetto al testimone. Sulla base di questi risultati, la prova verrà nuovamente allestita nel corso della prossima annata.
4.6 Monitoraggio delle popolazioni di Drosophila suzukii
Il moscerino dagli occhi rossi continua ad essere un fitofago di difficile gestione per i produttori di fragola e piccoli frutti soprattutto in annate caratterizzate da andamento climatico favorevole. I danni causati dell’insetto che sono compresi tra il 5% e il 20% in mirtillo precoce, fragola unifera e lampone unifero si fanno più ingenti su mirtillo medio-tardivo, mora di rovo, fragola e lampone rifiorenti. Nelle situazioni più critiche, possono superare il 50%, mettendo a rischio una delle filiere con le più interessanti prospettive di mercato. In attesa che i rilasci del parassitoide avviati nel corso del 2022 possano essere di aiuto nel controllo delle popolazioni il costante e continuo monitoraggio delle popolazioni nei principali areali di coltivazione permette di informare i tecnici operanti sul territorio del potenziale rischio di danni alle coltivazioni e l’attivazione delle tecniche di difesa attiva con barriere fisiche per il contenimento del fitofago.
Risultati
Il 2024 caratterizzato da elevate precipitazioni presenza di umidità e spesso cieli coperti è da considerarsi annata favorevole allo sviluppo di Drosophila suzukii. Il monitoraggio ha infatti evidenziato un incremento delle catture rispetto all’annata precedente (+60% nel mirtilleto, +73% nell’incolto, +14% nella postazione di Peveragno). Come già registrato nelle annate precedenti gli incolti circostanti agli appezzamenti rappresentano l’ambiente ideale per la drosofila soprattutto se caratterizzati da piante ad alto fusto con elevato ombreggiamento della vegetazione e presenza di corsi d’acqua nelle immediate vicinanze. Il contenimento del fitofago inizia dall’applicazione di corrette pratiche agronomiche come l’incremento delle distanze di impianto, pulizia dei filari, raccolta accurata e tempestiva. La cattura massale può rappresentare un buon alleato nel ridurre le popolazioni di femmine svernanti mentre durante il periodo di maturazione può fungere da attrattivo e contenere i danni in casi di livelli di infestazione medio-bassi. In condizioni di elevata pressione di drosofila l’unico mezzo di controllo in grado di garantire la sanità delle produzioni è l’impiego di reti antinsetto. Da prove svolte nel corso degli anni è emerso che dimensioni delle maglie anche fino a 1,62 mm2 consentono un buon controllo dell’insetto permettendo un maggior flusso di aria, contenendo i livelli di umidità e l’aumento di temperatura. L’installazione deve essere eseguita attentamente evitando di lasciare aperture accidentali come le testate e/o i punti di passaggio tra rete e teli di copertura e realizzando punti di accesso all’impianto comodi e rapidi. Curare inoltre il posizionamento a terra in quanto vento e/o accrescimento del cotico erboso potrebbero sollevarla consentendo l’ingresso degli insetti. Il posizionamento delle reti deve essere valutato in funzione del contesto produttivo e dell’annata perché, se la maggior sensibilità dei frutti inizia a partire dall’invaiatura (la colorazione rossa della mora la rende attrattiva anche in epoca più precoce), il comportamento della drosofila è notevolmente influenzato da condizioni climatiche. L’impiego delle reti non esclude, però, il costante monitoraggio all’interno dell’impianto e, se necessario, il ricorso ad applicazioni di altri metodi di contenimento quali cattura massale e/o difesa chimica.
Gli esiti del monitoraggio saranno resi pubblici in tempo reale, a beneficio di tutti gli interessati, attraverso il sito web di Agrion (https://www.agrion.it/drosophila-suzukii/).
Progetto V – Corilicoltura: Orientamento varietale
Obiettivi
L’obiettivo generale è quello di fornire utili indicazioni sulla qualità di nuove varietà o selezioni rese disponibili dalla filiera vivaistica che potrebbero essere utilizzati per arricchire il paniere varietale con materiali di elevata qualità generale idonei alla diffusione sul territorio piemontese. Le attività del progetto vengono svolte nel Centro Ricerca corilicola di Fondazione Agrion, situato nel Comuni di Cravanzana (Cn).
Come per gli altri centri, al fine di implementare il “pool varietale e clonale” presente in Piemonte, si continuerà ad effettuare un’esplorazione mediante ricerca bibliografica e contatti diretti con centri di ricerca internazionali che operano attivamente per il miglioramento genetico del nocciolo. Si valuteranno nuovi materiali oltre quelli già messi a dimora e provenienti dalle Università dell’Oregon (Tonda Pacifica, McDonald, Sacajawea, Yamhill e Wepster), di Perugia (Tonda Francescana) e di Torino (Cloni di Tonda Gentile: UNITO-AD 17, UNITO–MT5, UNITO-MT4 e UNITO-PD6).
Scopo della sperimentazione è quello di valutare, rispetto a TGT standard, l’adattabilità dei nuovi materiali e le loro potenzialità migliorative rispetto allo standard. Questo attraverso i rilievi puntuali dei parametri previsti dalle schede pomologiche relativi alla fenologia e alle caratteristiche agropomologiche (epoca di fioritura, raccolta, produttività, ecc.).
I costi di spollonatura sono tra i più elevati nella gestione di un corileto. Disporre di portinnesti non polloniferi rappresenta una soluzione ideale per questo problema. Presso il centro di ricerca di Cravanzana si continuerà a valutare il portinnesto “Dundee”, selezionato presso l’Università dell’Oregon e derivato dall’incrocio tra Corylus colurna x Corylus avellanae, innestato con TGT e cloni di TGT di UNITO-MT5.
Nel 2024, oltre al portinnesto “Dundee”, verranno sottoposte ad osservazione le piante di TGT innestate su Corylus colurna messe a dimora nel 2022. Come portinnesto, il Colurna, oltre alla totale assenza di polloni, presente una buona vigoria e una interessante rusticità generale (minor sensibilità alla siccità) che risulterebbe interessante per l’adattamento alle mutate condizioni climatiche in corso. Inoltre c’è maggior disponibilità di materiale già innestato presso i vivai rispetto alla selezione Dundee (attualmente non reperibile presso i vivaisti piemontesi) che è da innestare successivamente. Ciò permetterà, negli anni successivi, di valutare l’affinità tra portinnesto e innesto, la forma di allevamento, la produttività ad ettaro e il comportamento vegeto-produttivo. A tale scopo proseguiranno, oltre all’eventuale rispristino delle fallanze, i confronti sulle piante messe a dimora nelle parcelle di TGT innestate su portinnesto di C. colurna e parcelle di TGT come ecotipo a confronto.
L’obiettivo dell’attività, volto a rendere il sistema produttivo più economico e al tempo stesso più sostenibile a livello ambientale, è di sperimentare in pieno campo nell’areale rappresentativo della corilicoltura e in quelli di nuova espansione, varietà non pollonifere per ottenere un noccioleto in cui la gestione del suolo sia interamente meccanizzata e non sia necessario ricorrere a diserbo e spollonatura tradizionale.
Risultati
I risultati conseguiti con le ricerche condotte nell’ambito del “Progetto V – Corilicoltura: Orientamento varietale” sono stati pubblicati all’interno delle Linee tecniche corilicole, distribuite gratuitamente e consultabili online sul sito della Fondazione previa registrazione (Link)
Progetto VI – Corilicoltura: tecnica colturale
Obiettivi
La gestione del corileto è un aspetto estremamente importante per garantire la salubrità delle piante ed avere produzioni di qualità, al fine di prevenire e contenere problematiche sia fitopatologiche sia dovute a stress collegati ai cambiamenti climatici. A tal fine si vuole valutare come una corretta gestione dell’inerbimento controllato e dei residui di potatura possano espletare effetti migliorativi nei corileti piemontesi.
6.1 Gestione del corileto con inerbimento controllato
L’inerbimento è la tecnica contrapposta alle lavorazioni meccaniche e alla gestione chimica che lasciano il terreno nudo ed esposto ad agenti atmosferici che favoriscono l’erosione, l’impoverimento di sostanza organica e la riduzione della vita microbica negli strati superficiali; tale tecnica risulta ad oggi attuabile grazie anche alle nuove macchine per la raccolta più performanti. Nella sede di Cravanzana si valuteranno alcuni miscugli erbacei, da seminare nell’interfila dei corileti, per favorire il controllo delle erbe infestanti, migliorare l’efficienza dei nutrienti, ridurre i fenomeni di compattamento superficiale, preservare il contenuto di sostanza organica, favorire la penetrazione delle acque e mitigare gli eccessi termici negli strati superficiali esplorati dalle radici.
Risultati
I risultati ottenuti nella stagione 2024 confermano che l’inerbimento controllato rappresenta una valida strategia per la gestione sostenibile dei corileti. Entrambi i miscugli testati si sono distinti per la loro rapidità di insediamento e la persistenza della copertura anche dopo gli interventi di trinciatura, dimostrando un’efficace capacità di controllo delle infestanti. Inoltre, la presenza del cotico erboso ha contribuito a creare un microclima più favorevole e l’adozione di questa tecnica potrebbe rappresentare un importante passo avanti verso una corilicoltura più sostenibile e rispettosa dell’ambiente.
6.2 Tecniche di gestione dei residui di potatura
Le difficoltà nel gestire i residui di potatura, dovute alle limitazioni vigenti riguardanti il divieto d’abbruciamento che coincide con le epoche di potatura del nocciolo, unitamente al fatto che il mantenimento di questo materiale negli appezzamenti può fungere da serbatoio per diverse patologie ed avversità, oltre ad arrecare disagio alle attività di gestione del corileto, per ovviare a queste problematiche risulta interessante valutare l’utilizzo di una macchina cippatrice che sminuzza i residui di potatura per permettere le normali pratiche agronomiche e di difesa senza intralci, eliminare le possibili forme di inoculo e ridurre il costo di gestione di quantitativi elevati del materiale potato.
Risultati
In conclusione si può affermare che il primo anno di sperimentazione è stato utile per osservare l’operatività della macchina analizzando criticità ed eventuali spunti di miglioramento in termini operativi. Nel corso della prossima stagione verrà nuovamente utilizzata la trincia Serrat (SERRAT KASTOR 350 T-1700) per smaltire i nuovi residui delle attività di potatura e continuerà anche l’analisi dell’evoluzione degli elementi del suolo con particolare attenzione alla trasformazione della sostanza organica e della lignina.
Verranno inoltre esaminati tutti i parametri chimico – fisici al fine di creare una correlazione tra l’evoluzione della composizione del suolo e la degradazione dei residui organici derivanti dagli scarti della potatura con eventuali ricadute positive o negative per il corileto.
Progetto VII – Nocciola di qualità
Obiettivi
Il tavolo tecnico nocciolo ha indicato come attività prioritarie quelle relative alla soluzione delle criticità derivanti dai danni da cimice, dall’avariato sui frutti e dalle problematiche che caratterizzano la cascola pre-raccolta.
Il progetto “Nocciola di qualità” è suddiviso in tre sottoprogetti:
- CIMICE ASIATICA: MONITORAGGIO, AZIONI DI CONTENIMENTO E LOTTA BIOLOGICA
le diverse tipologie di difesa adottabili nei confronti di Halyomorpha halys, allo scopo di sviluppare strategie di controllo ecosostenibili ed ecocompatibili per la salvaguardia delle produzioni agricole piemontesi e delle molteplici filiere ad esse collegate;
- L’AVARIATO E LE AFLATOSSINE NELLE NOCCIOLE
i fattori predisponenti l’alterazione dei frutti riferibili all’avariato in pre e post-raccolta e la contaminazione da micotossine, mediante il monitoraggio di fattori biotici e abiotici e le loro correlazioni;
- CASCOLA PRERACCOLTA, CRITICITA’ MULTIFATTORIALE
le dinamiche della cascola preraccolta, criticità multifattoriale con importante incidenza sulla produttività.
Risultati
- Cimice asiatica: monitoraggio, azioni di contenimento e lotta biologica
Il monitoraggio sul campo è un aspetto chiave nei programmi IPM, i dati ottenuti tramite questa attività hanno consentito di fornire indicazioni utili e tempestive sul posizionamento dei trattamenti per la cimice asiatica. La Fondazione Agrion ha garantito una gestione efficiente del monitoraggio coordinando le diverse attività di monitoraggio e raccolta dati, tramite i coordinamenti corilicoli settimanali svolti da inizio campagna 2024. I rilievi e i dati ottenuti dal monitoraggio del fitofago sono stati discussi settimanalmente durante i diversi coordinamenti, al fine di consigliare ai produttori le migliori strategie di difesa ecosostenibili e mirate al contenimento dei danni alle produzioni a seconda dell’abbondanza del fitofago nelle diverse località.
- L’avariato e le aflatossine nelle nocciole
I risultati del monitoraggio effettuato nelle stagioni 2021 e 2022, integrati con le analisi di laboratorio e di campo, hanno permesso di caratterizzare i principali generi fungini patogeni associati all’avariato del nocciolo: Alternaria sp., Diaporthe sp., Fusarium sp., Passalora (Trichothecium sp.) e Aspergillus sp. I ceppi isolati hanno dimostrato una variazione significativa nella loro capacità di crescita in funzione della temperatura, con temperature ottimali tra 21,6°C (Diaporthe sp.) e 27,5°C (Aspergillus sp.). Le analisi di metabarcoding hanno confermato una correlazione tra i dati sperimentali e la presenza effettiva dei funghi in campo durante la stagione vegetativa e in concomitanza della formazione della nocciola.
- Cascola pre raccolta: criticità multifattoriale
1 Impollinazione
Come per gli anni precedenti, non si sono evidenziate differenze di rilievo nelle analisi carpologiche tra le nocciole ottenute da polline di diverse varietà.
In definitiva, le cultivar che si sono dimostrate più efficaci nei tre anni di prova come impollinatore di TGT sono state Pauetet, UNITO 101, UNITO 3L, Daria, sia per le buone percentuali di allegagione (mediamente superiori al 60%) sia per sufficiente contemporaneità con la fioritura femminile di TGT. Dato che la fenologia risulta fortemente influenzata dall’andamento climatico e può variare da un anno all’altro, i migliori risultati si ottengono con l’utilizzo di pollini di almeno due varietà.
2 Nutrizione e fisiologia dell’accrescimento
La qualità delle nocciole raccolta dai noccioleti in prova è risultata complessivamente scadente per l’annata 2024. Le differenze principali rilevate tra le nocciole riguardano la maggior dimensione dei frutti prodotti a Manta (dato confermato per le tre annate di prova). Notevole è risultata la presenza di difetti, tra cui è particolarmente rilevante la presenza di semi cimiciati (dal 6 al 11%), raggrinziti (fino al 19% a Cravanzana), avariati (1-3%) e quella di nocciole vuote (fino a circa 6%). I risultati dei primi due anni di prova hanno indicato come i fattori nutrizionali siano fortemente collegati all’entità della cascola. Pertanto, nel corso del terzo anno è stato sperimentato l’utilizzo di prodotti biostimolanti da applicare nel periodo tra metà maggio e metà luglio per sostenere le fasi di fecondazione ed accrescimento del frutto. I prodotti applicati (offerti dalle ditte Brandt e Haifa) non hanno dimostrato un miglioramento nell’aumento della produttività, tanto meno nella riduzione della cascola, ma i risultati ottenuti non possono essere considerati esaurienti dato che la prova è stata eseguita nel noccioleto di Cravanzana (lo stesso utilizzato per la prova sull’entità della cascola) che purtroppo è risultato nel 2024 il sito con le peggiori performance, nel quali si sono sommate un maggior numero di cause che hanno concorso alla cascola pre-raccolta (brown-stain, cimiciato, ecc..).
3 Fattori climatici
Il ruolo delle maggiori variabili climatiche (temperatura e precipitazioni) sull’entità della cascola è confermato da quanto osservato nel 2024. A differenza degli anni precedenti, la piovosità è risultata sufficiente per i fabbisogni della coltura in tutti i siti e anche le temperature sono risultate ideali nel periodo di accrescimento del seme, con un numero minimo o nullo di giornate con temperature superiori ai 35°C. Tuttavia l’andamento primaverile è risultato sfavorevole, con eccessiva piovosità (molti giorni di pioggia) e abbassamenti termici in corrispondenza della fase di fecondazione. Tali condizioni sono state descritte da diversi autori come causa principale dell’insorgenza della sintomatologia ‘brown stain’, rilevata infatti in una buona percentuale dei frutti cascolati campionati.
L’andamento climatico dell’annata (fresca e piovosa), così come il mite inverno 2023-2024, hanno con buona probabilità favorito anche l’elevata presenza delle cimici, le cui punture di nutrizione possono aver determinato parte degli aborti e dei semi raggrinziti rilevati nei campioni del materiale cascolato.
La cascola pre-raccolta si conferma dunque un fenomeno molto complesso, multifattoriale, dove le cause determinanti possono variare a seconda del sito e dell’annata. I fattori principali si confermano le disponibilità nutrizionali, in cui il suolo gioca un ruolo preponderante, e le variabili meteorologiche, ma anche agenti biotici quali gli insetti (in questo caso le cimici) in alcune annate possono svolgere un ruolo importante.
Per contrastare e ridurre al minimo la cascola pre-raccolta, è fondamentale una buona gestione agronomica del noccioleto (fertilizzazione, gestione del suolo, apporto irriguo), ma soprattutto una corretta progettazione iniziale dell’impianto, che deve prevedere la presenza di un adeguato numero di impollinatori per sostenere la produttività. Occorre inoltre una buona capacità di intervenire con tempestività per mitigare le avversità siano esse biotiche (trattamenti fitosanitari) o abiotiche (trattamenti coadiuvanti contro gli stress ambientali) che di anno in anno possono favorire la propensione alla cascola pre-raccolta.
Progetto VIII – Vitivinicoltura: Vitigni resistenti a peronospora e odio
Obiettivi
L’innovazione varietale viticola si è arricchita di nuovi materiali; ibridi interspecifici resistenti a peronospora e oidio licenziati dall’Istituto di genomica Applicata e dall’Università di Udine ed edite da VCR – Vivai Rauscedo.
La Fondazione coordina la rete dei siti sperimentali piemontesi su queste varietà resistenti finalizzata alla raccolta dati e al giudizio di adattabilità agronomica agli areali piemontesi e all’attitudine alla vinificazione.
Il Gruppo operativo comprende: Fondazione Agrion, l’Istituto Umberto I di Alba e DISAFA Università di Torino.
Nel 2024, oltre a proseguire tutti i rilievi già in corso, inizieranno anche i rilievi vegetativi, produttivi e qualitativi su 6 nuove varietà che entreranno in produzione.
Inoltre, saranno anche svolti i primi rilievi sul Nebbiolo resistente sovra-innestato nell’annata passata.
La Fondazione Agrion effettuerà le microvinificazioni relative al proprio materiale e a quello del DISAFA.
Risultati
Nel 2024, l’andamento termopluviometrico si è rivelato complesso: le temperature medie si sono mantenute in linea con la media storica (1990-2024), ma i cumuli di precipitazioni registrati durante la stagione vegetativa sono stati decisamente superiori alla norma. Queste condizioni, caratterizzate da un’elevata umidità media, hanno favorito lo sviluppo delle principali malattie fungine della vite. Di conseguenza, i viticoltori si sono trovati costretti ad aumentare sensibilmente il numero di trattamenti fitosanitari per salvaguardare la qualità dell’uva. In tale contesto, l’adozione di varietà di vite resistenti alle malattie fungine rappresenta un’alternativa concreta e sostenibile alla gestione tradizionale, riducendo il ricorso a interventi chimici e i relativi impatti ambientali.
Dal punto di vista fenologico, sono emerse tendenze coerenti rispetto alle annate precedenti. Per le varietà a bacca bianca, quelle derivate dal genitore Pinot Bianco (Pinot Iskra e Kersus), così come il Fleurtai e le due varietà a base Sauvignon (Nepis e Kretos), hanno mostrato germogliamento e fioritura precoci. Al contrario, Soreli e Sauvignon Rytos si sono dimostrate più tardive, con un comportamento fenologico più simile al Cortese. In particolare, il Sauvignon Rytos, assieme al Nepis, potrebbe configurarsi come varietà a maturazione tendenzialmente tardiva, data l’elevata concentrazione di acido malico riscontrata.
A livello produttivo, tutte queste varietà a bacca bianca hanno mostrato un buon equilibrio vegeto-produttivo al momento della raccolta.
Per le varietà a bacca rossa, il Cabernet Volos e il Merlot 31-103 si configurano come varietà a germogliamento e fioritura più tardive rispetto alle altre varietà in esame. I risultati sui vini finali hanno mostrato per quest’annata un buon profilo polifenolico e di colore per queste varietà, così come anche un profilo acidico interessante.
Per quanto riguarda il titolo alcolometrico finale, queste due varietà presentavano una percentuale in alcol, così come un contenuto in zuccheri alla raccolta relativamente più basso rispetto alle varietà a bacca bianca. La resa in alcol per le varietà a bacca bianca è stata in ogni caso più alta rispetto alla resa in alcol per le varietà a bacca rossa, fattore da tenere in considerazione ed eventualmente monitorare nelle prossime annate di sperimentazione. A livello produttivo, queste varietà hanno presentato alla raccolta un generalizzato equilibrio vegeto-produttivo.
Nel complesso, i risultati enologici del 2024 sono stati positivi per entrambe le tipologie varietali, grazie anche alle maggiori produzioni ottenute rispetto alle annate precedenti, che hanno permesso analisi più rappresentative. Si conferma, ancora una volta, l’assenza di sentori riconducibili al parentale americano e il rispetto dei limiti legali per il contenuto in metanolo, due aspetti critici nella valutazione di questi ibridi resistenti.
Infine, per quanto riguarda le nuove varietà impiantate nel 2022, sono state osservate carenze fogliari che hanno probabilmente ostacolato lo sviluppo fisiologico della pianta, compromettendo l’avanzamento fenologico prima della fase di invaiatura.
Progetto IX – Vitivinicoltura: Confronto cloni di Dolcetto
Obiettivi
È ormai universalmente riconosciuto che l’utilizzo di materiale di moltiplicazione selezionato rappresenta il punto di partenza irrinunciabile per l’impianto dei nuovi vigneti. Solo grazie ad esso, infatti, gli impianti potranno garantire nel tempo produzioni caratterizzate da elevati standard qualitativi con minori costi di gestione.
Per le cultivar nazionali ed internazionali di larga diffusione la disponibilità di cloni selezionati è elevata, mentre per molte cultivar a diffusione regionale e locale è decisamente più limitata. Saranno quindi valutati 12 recenti cloni di Dolcetto selezionati con il progetto CLONVIT e impiantati nel 2016 presso il vigneto della Fondazione Agrion per promuoverne la diffusione sul territorio.
Nel 2023 la Fondazione Agrion ha scelto i cloni più interessanti sia dal punto viticolo che enologico e portato avanti la caratterizzazione di campo. Nel 2024, oltre a continuare a svolgere i rilievi sui cloni che stanno raggiungendo la piena produzione, sarà importante individuare, selezionare e raccogliere il legno idoneo alla costituzione di un vigneto sperimentale di valutazione di secondo livello, in modo da ottenere anche i dati dalle vinificazioni, impossibili fino ad oggi per l’esiguo numero di piante a disposizione. Il legno per la costituzione delle marze verrà prelevato nei primi mesi del 2024.
Risultati
I dati raccolti in questa stagione hanno permesso una caratterizzazione più approfondita dei cloni che si sono ulteriormente avvicinati alla piena produzione, anche in condizioni climatiche molto diverse rispetto alle annate precedenti.
Allo stato attuale i cloni che appaiono più interessanti e quindi meritevoli di essere meglio caratterizzati in un campo di valutazione di secondo livello sono: Cà del Bric 2, Albareto Basso 3, Cavelli 8 e La Piria 4.
Appare invece evidente una oggettiva difficoltà nel portare avanti i cloni Forti del Vento 2 e Albareto Alto 1 che non dispongono di un numero di piante adeguato a effettuare una valutazione rappresentativa delle loro caratteristiche. Di qualità minore appare Albareto Alto 3 che anche conferma nel 2024 le difficoltà a mantenere un pH delle uve alla vendemmia accettabile.
Nel 2022 la Fondazione Agrion ha iniziato l’iter per la scelta dei cloni risultati più interessanti sia dal punto viticolo che enologico per moltiplicarli e predisporre il materiale per un vigneto sperimentale di valutazione di secondo livello, al fine di ottenere anche dati dalle vinificazioni di queste selezioni, impossibile fino ad oggi per l’esiguo numero di piante a disposizione. In questi anni sono stati raccolti dati molto interessanti anche per le variabilità climatiche che si sono susseguite, e prossimamente sarà molto interessante anche la possibilità di eseguire le analisi virologiche per confermare lo stato sanitario dei cloni più interessanti.
Progetto X – Studio di fattibilità per la creazione di un nuovo Centro di pre-moltiplicazione materiale viticolo – Ce.Pre.Ma.Vi.
Il ruolo centrale della viticoltura in Piemonte è sostenuto dalla continua ricerca in ambito del miglioramento genetico e dalla conservazione del materiale clonale finora selezionato.
I ricercatori del CNR-IPSP, da trent’anni a questa parte, hanno condotto la selezione clonale ottenendo oltre 140 cloni di varietà di vite che sono stati omologati dal CNR-IPSP, iscritti nel Registro nazionale delle varietà di vite e affidati alla Regione Piemonte, titolare del Ce.pre.ma.vi. (centro di premoltiplicazione di materiale viticolo) uno dei nove nuclei di premoltiplicazione operanti sul territorio nazionale.
Le fonti primarie dei cloni omologati vengono custodite in una screen house; dalle fonti primarie derivano le piante, franche di piede, messe a dimora in un impianto di 19 tunnel pacciamati e coperti da rete anti insetto, che ospitano le piante madri marze di categoria base. Da queste, annualmente, si prelevano le gemme utili per produrre barbatelle di categoria base necessarie ai vivaisti viticoli per realizzare impianti di piante madri marze che daranno origine a barbatelle di vite, di categoria certificata, messe a dimora dai viticoltori nei vigneti.
Obiettivi
Partendo dall’esperienza in essere attraverso la quale Regione Piemonte conserva le fonti primarie dei cloni selezionati in screen house e gestisce il vigneto di piante madri marze pre-base del Ce.pre.ma.vi, la proposta progettuale consiste in uno studio di fattibilità per la creazione di un nuovo centro di premoltiplicazione di materiale viticolo presso le sedi della Fondazione Agrion.
Questa attività è normata a livello nazionale dal MASAF che è l’organismo che rilascia formalmente l’autorizzazione a svolgere questa attività e prevede alcuni adempimenti come la disponibilità di idonee infrastrutture (serre screen house a norma) che garantiscano la sanità dei materiali e l’attitudine al riconoscimento della certificazione.
L’obiettivo di questo studio di fattibilità è di illustrare per le varie fasi operative opportunità di miglioramento, possibili criticità per il raggiungimento degli obiettivi preposti, costi di realizzazione e gestione dei materiali, autorizzazioni necessarie.
Risultati
Al fine di consentire una valutazione di fattibilità per la creazione di un nuovo centro di premoltiplicazione di materiale viticolo è stata valutata la possibilità di adempiere, da parte della Fondazione, ai vincoli normativi necessari.
Il soggetto che gestisce un Centro di pre-moltiplicazione deve essere iscritto al Registro Ufficiale Operatori Professionali, categoria vivaisti. Questo aspetto potrebbe rappresentare per Agrion, qualora deputato alla costituzione e gestione del CEPREMAVI, una criticità perché potrebbero insorgere conflitti di interesse rispetto ai dettati statutari della Fondazione che svolge attività tipicamente “no profit”. A riguardo potrebbe essere opportuno valutare la divisione gestionale della fase “conservativa” dei materiali presenti nella Screen house, rispetto a quella di gestione dei tunnel per la produzione delle marze per le piante madri che richiede competenze tipicamente vivaistiche.
Dal punto di vista dei costi di realizzazione la differenza di posizionamento tra le due sedi potenziali sedi (Manta (CN) o Carpeneto (AL)) non risulta economicamente significativa.
Progetto XI – 2023 – Corilicoltura: pacciamatura impianti in allevamento
La gestione del sottofila in un impianto di nocciolo è di fondamentale importanza, specialmente nella fase di allevamento, in quanto contribuisce all’accrescimento delle piante soprattutto per quanto riguarda l’apparato radicale. Le infestanti presenti sulla fila, che concorrono con le piante di nocciolo in termini di utilizzo di nutrienti del suolo, vengono normalmente tenute sotto controllo mediante interventi di diserbo sia meccanico che chimico, comportando un elevato impegno in termini di costi e tempistiche di lavorazione. L’investimento in termini di sperimentazione su sistemi alternativi della gestione delle infestanti del sottofila risulta una tematica importante sia dal punto di vista dell’abbattimento dei costi che di quello dell’ecosostenibilità ambientale.
Obiettivi
L’obiettivo di tale prova sperimentale è quello di valutare gli effetti positivi dell’impiego di teli pacciamanti messi a dimora, nel noccioleto in fase di allevamento, presente nel Centro di Ricerca corilicolo di Fondazione Agrion situato nel comune di Cravanzana (Cn). Le valutazioni riguarderanno gli effetti sulle cure colturali e nello specifico sulla gestione del cotico erboso al fine di valutare un eventuale effetto positivo sia sull’accrescimento delle piante, per via dell’aumento della temperatura e dell’umidità del suolo in corrispondenza delle parcelle pacciamate, sia in termini di riduzione di gestione e controllo delle erbe infestanti presenti nel sottofila.
Ciò sarà valutato mediante rilievi su un numero rappresentativo di piante, prendendo in esame l’attività vegetativa (dimensione e altezza della pertica principale, indice visivo di vigoria ed eventuale presenza di emissione polloni) ed aspetti fitosanitari e malerbologici (presenza di malattie e loro incidenza, malerbe dominanti nell’area di prova). I dati raccolti verranno successivamente elaborati statisticamente per individuare differenze tra la tesi pacciamata ed il testimone (normale gestione aziendale del sottofila).
Risultati
A conclusione del primo anno di sperimentazione si possono trarre alcune conclusioni preliminari:
- l’utilizzo dei teli pacciamanti durante i primi anni d’impianto può essere utile con finalità di contenimento delle malerbe e di miglioramento delle condizioni per l’attecchimento dell’astone.
- La presenza del telo pacciamante non incide, al primo anno, in modo significativo su parametri quali: rapido accrescimento ed allungamento dei germogli.
- Dal punto di vista fitosanitario non sono state evidenziate differenze tra le tesi.
- La valutazione visiva della porzione di terreno adiacente alle radici ha permesso di evidenziare una positiva condizione di maggior umidità e di maggior frammentazione delle zolle nella tesi con teli pacciamanti.
Progetto XII – 2023 – Moria del kiwi
La moria del kiwi ha decimato la coltivazione di actinidia in Piemonte e in Italia. Nel 2012, gli ettari di kiwi in Piemonte erano più di 5000, ma a causa di questa sindrome multifattoriale, si stima che meno di 1500 ettari siano al momento ancora regolarmente produttivi. Questa situazione rappresenta un enorme danno economico per la Regione, e quindi l’investimento in ricerca e sperimentazione di nuovi sistemi di difesa e prevenzione è di fondamentale importanza.
Obiettivi
L’obiettivo di questa prova sperimentale condotta nel 2023 è di valutare l’efficacia dell’irrigazione climatizzante e la presenza di coperture ombreggianti nel limitare lo sviluppo della moria del kiwi. Questa attività rappresenta una continuazione dell’attività iniziata nel Progetto KIRIS e che va nella direzione di sviluppare metodologie che siano in grado di limitare lo sviluppo degli stress termici e luminosi derivanti dai cambiamenti climatici e che sono limitanti per la coltivazione della coltura in oggetto. Saranno effettuati rilievi per monitorare lo sviluppo della sindrome, la salute delle piante utilizzando lo SPAD e la produzione finale.
Nella sperimentazione sull’irrigazione climatizzante la temperatura delle foglie sarà monitorata attraverso appositi sensori collegati ad un datalogger mentre in quella sulle coperture ombreggianti saranno impiegati strumenti per la misura del PAR, ovvero la frazione di luce effettivamente utile per la produzione di fotosintetati. È fondamentale sottolineare che il kiwi rappresenta una coltura di notevole importanza per il Piemonte, dunque gli sforzi e gli investimenti nella ricerca sono essenziali per salvaguardare questa coltura che sempre più risulta minata dai cambiamenti climatici in atto.
Il secondo obiettivo prevede la valutazione di nuovi portinnesti che potrebbero tollerare gli stress che determinano principalmente la moria del kiwi data la loro provenienza genetica diversa da Hayward attraverso un confronto diretto tra:
- Hayward
- i. Z1: Ibrido di Actinidia chinensis var.deliciosa per Actinidia arguta ottenuto alla Vitroplant;
- i. Bounty 71: selezionato da Plant & Food da semenzali di Actinidia polygama. E’ disponibile in Italia dal 2017;
- Green Angel®: mutazione spontanea di Hayward ottenuta da Miretti vivai di Saluzzo. Questa sarà valutata sia come portinnesto sia come varietà;
I rilievi saranno effettuati su di un numero rappresentativo di alberi prendendo in esame l’attività vegetativa (dimensioni del tronco, emissioni di polloni), l’attività produttiva (produzione per albero) e la qualità dei frutti (peso, durezza della polpa e residuo secco rifrattometrico). I dati vengono raccolti e successivamente elaborati statisticamente per l’individuazione delle differenze.
Risultati
La sperimentazione condotta ha permesso di individuare strategie utili a mitigare la moria del kiwi, attraverso l’adozione dell’irrigazione climatizzante, delle coperture ombreggianti e della selezione di portinnesti più tolleranti alla sindrome multifattoriale.
L’irrigazione climatizzante ha dimostrato un impatto significativo nella riduzione della temperatura fogliare, contribuendo a migliorare la fotosintesi e a ridurre il rischio di fotossidazione. Le piante trattate hanno mantenuto livelli fisiologici ottimali anche nei mesi più caldi, riducendo drasticamente il numero di ore con temperature superiori ai 30°C rispetto al controllo (177 ore contro 479 ore da giugno ad agosto). Inoltre, i valori di clorofilla (SPAD) e l’accrescimento del tronco sono risultati significativamente superiori, confermando i benefici di questa tecnica sulla crescita vegetativa.
Le coperture ombreggianti, in particolare il telo plastico antipioggia, hanno ridotto la radiazione fotosinteticamente attiva (PAR) del 36% rispetto al fuori rete, favorendo una maggiore efficienza fotosintetica e un incremento della clorofilla. Le piante sotto questa copertura hanno evidenziato un accrescimento superiore del tronco e, dal punto di vista produttivo, sono state le uniche ad entrare in produzione nel 2023, con una resa media di 9,3 kg/pianta. Questo conferma il ruolo positivo delle coperture nel contrastare gli effetti della moria del kiwi.
Per quanto riguarda i portinnesti, i risultati mostrano come la scelta del materiale vegetale possa influenzare la tolleranza alla moria e le prestazioni agronomiche della coltura. Il portinnesto Bounty 71 si è distinto per l’assenza di sintomi della moria. Inoltre, ha mostrato una maggiore capacità di crescita, suggerendo un potenziale per impianti più vigorosi e produttivi. Hayward autoradicato, al contrario, è stato il più colpito dalla moria, evidenziando la necessità di impiegare portinnesti più tolleranti. Dal punto di vista qualitativo, la cultivar Green Angel® ha mostrato i migliori livelli di sostanza secca e dolcezza del frutto, pur presentando una crescita più limitata e una produttività iniziale inferiore rispetto ad Hayward. Il peso medio dei frutti è risultato inferiore per Green Angel e Hayward su Z1, mentre Hayward autoradicato ha mantenuto la produttività più elevata.
In sintesi, la combinazione di irrigazione climatizzante, coperture ombreggianti e portinnesti resistenti rappresenta un approccio integrato per contrastare la moria del kiwi, anche se nessuna di queste soluzioni risulta, ad oggi, risolutiva. L’irrigazione climatizzante ha mostrato benefici nel mantenimento di condizioni fisiologiche ottimali, mentre il telo antipioggia ha favorito la crescita e la produzione. La selezione di portinnesti tolleranti, come Bounty 71, si conferma una strategia promettente per la resilienza della coltura.
Alla luce della natura multifattoriale della moria del kiwi, è fondamentale proseguire con la ricerca, combinando più strategie per garantire la sopravvivenza e la sostenibilità della coltura dell’actinidia in Piemonte e nelle altre regioni colpite.
Progetto XIII – 2023 – Studio della biologia e valutazione del bio-controllo nei confronti di Eriosoma lanigerum
Eriosoma lanigerum, l’afide lanigero del melo è un fitofago proveniente del Nord America, da tempo insediatosi in Europa, in cui svolge un analociclo monoico eterotopo esclusivamente su melo, colonizzando la porzione legnosa e la chioma della pianta.
L’afide lanigero del melo è un fitofago di difficile gestione e contenimento e nel corso degli ultimi anni sta rappresentando una seria minaccia. Le cause sono da ricondurre in parte alle condizioni climatiche registrate durante gli ultimi anni, caratterizzate da autunni più caldi e inverni miti, che favoriscono lo sviluppo del fitofago dando origine ad infestazioni precoci ed a re-infestazioni tardive. D’altra parte, il contenimento è sempre più impegnativo per la riduzione delle sostanze attive disponibili con azione specifica nei confronti dell’afide.
Obiettivi
Monitoraggio dell’afide lanigero e del limitatore naturale Aphelinus mali
Sarà monitorato, in meleti dell’areale produttivo piemontese, l’andamento di popolazione sia dell’afide lanigero sia del suo parassitoide Aphelinus mali mediante l’impiego rispettivamente di fasce adesive al tronco e di trappole cromotropiche. L’obiettivo di questo studio è la valutazione dell’incidenza sul loro sviluppo delle condizioni ambientali e dei trattamenti fungicidi e insetticidi eseguiti a livello aziendale.
Valutazione dell’impiego di Sirfidi nel contenimento dell’afide lanigero
Nell’ambito di questa attività è prevista l’individuazione di meleti, in produzione integrata e in produzione biologica, all’interno dei quali introdurre insetti predatori, come ad esempio i sirfidi Episyrphus balteatus e Sphaerophoria rueppellii, già disponibili sul mercato. A seguito del rilascio degli insetti, sarà eseguita la valutazione dell’efficacia contenitiva di questi insetti, le cui larve svolgono un’attività di predazione. I rilievi saranno volti ad accertare, sia la presenza dei predatori all’interno delle colonie dell’afide, sia l’intensità dell’infestazione nel corso della stagione vegetativa.
Risultati
Nel corso della sperimentazione, il numero di larve e pupe di sirfidi e coccinellidi osservati nei germogli è stato limitato. Solo in alcune date, come il 17 luglio, sono state registrate presenze minime, con 1 larva/pupa nel testimone e nel blocco con Rophopria + Epysirphus, mentre nel blocco combinato si è arrivati a 2 larve/pupe osservate.
I dati rilevati indicano una bassa attività larvale dei sirfidi e dei coccinellidi rilasciati, infatti, il contenimento dell’afide lanigero è avvenuto principalmente a causa dell’Aphelinus mali. L’attività dei sirfidi e dei coccinellidi nel controllo dell’afide lanigero è dunque risultata ridotta, probabilmente a causa di una dispersione degli insetti rilasciati al di fuori del frutteto e anche a causa dell’incidenza del clima sull’insediamento degli utili. Sebbene vi sia stata una lieve riduzione della percentuale di germogli colpiti nei parcelloni con Rophopria, Epysirphus, e Aphidalia, per migliorare l’efficacia del controllo biologico sembrerebbe utile aumentare la presenza di specie vegetali fiorite nelle aree circostanti. L’integrazione di piante mellifere potrebbe favorire la permanenza degli adulti di sirfidi e coccinellidi all’interno del frutteto, garantendo una maggiore continuità nella loro attività predatoria e migliorando l’efficacia del controllo dei parassiti.
Progetto XIV – 2023 – Verifica di strategie di contenimento alternative contro Forficula auricularia e approfondimento sulla biologia
Forficula auricularia, comunemente nota col nome di “forbicina”, è un insetto sostanzialmente onnivoro che si nutre sia di substrati vegetali (lettiere, plantule, piccioli, frutti maturi, fiori), sia di materiali di origine animale, comprese altre specie di artropodi, come afidi e acari. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un notevole incremento della popolazione di questo insetto che ha causato importanti danni, soprattutto nei confronti delle drupacee, ai frutti in maturazione scavando delle profonde erosioni che determinano la marcescenza dei frutti.
Obiettivi
Il contenimento dei danni causati da questo insetto sarà affrontato con diversi approcci: l’uso di consorzi microbici, l’efficacia collaterale di sostanze attive in fase di registrazione su fruttiferi (es. cyantraniliprole) e altri prodotti alternativi (corroboranti, ecc.), prodotti alternativi aventi un’azione repellente, quali ad esempio estratto d’aglio, tannini e polveri di roccia.
I consorzi microbici a base di funghi entomopatogeni (Beauveria bassiana – Metarhizum anisopliae) saranno distribuiti nel terreno al fine di valutarne la azione di disturbo nei confronti delle forficule che si trovano nel sottosuolo. Parallelamente saranno impiegate trappole rifugio trattate internamente con questi funghi e trappole rifugio contenenti un attrattivo alimentare trattato con questi funghi per valutare l’efficacia del contatto e dell’ingestione dei consorzi microbici sugli insetti target. Come evidenziato per altri insetti, l’efficacia per ingestione dovrebbe essere maggiore rispetto alla penetrazione diretta attraverso la cuticola.
Non essendo registrate sostanze attive contro la forficula, un secondo obiettivo è quello di eseguire un primo screening di laboratorio nel quale saranno selezionate le sostanze attive in grado di svolgere un’azione collaterale nei confronti della forficula. Sarà valutata inoltre l’efficacia collaterale di sostanze attive in fase di registrazione su fruttiferi (es. cyantraniliprole) e altri prodotti alternativi (corroboranti, ecc.) in modo da fornire prontamente risposte al comparto frutticolo per la difesa delle colture.
Un ulteriore sistema di difesa potrà essere fornito dall’utilizzo di prodotti alternativi aventi un’azione repellente, quali ad esempio estratto d’aglio, tannini e polveri di roccia. I prodotti verranno distribuiti nebulizzati su pianta, in aggiunta alla normale strategia di difesa realizzata. In particolare verrà provato l’uso di polveri di diatomee da distribuire alla base dei tronchi. Oltre ad un’azione di asfissia, dovuta all’ostruzione degli stigmi, le polveri di diatomee esercitano anche un’azione abrasiva sulla cuticola che potrebbe a sua volta favorire l’attacco da parte dei funghi entomopatogeni.
Risultati
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un notevole incremento della popolazione di Forficula auricularia che ha causato importanti danni, soprattutto nei confronti delle drupacee, ai frutti in maturazione scavando delle profonde erosioni che determinano la marcescenza dei frutti.
La forficula è un insetto molto resistente, dotato di un robusto esoscheletro e in grado di sopravvivere anche più giorni in condizioni severe. Contro questo insetto non sono risultati efficaci i prodotti a base di funghi entomopatogeni e a base di polveri di roccia: la resa di questo prodotto non è stata soddisfacente, non è infatti emersa nessuna differenza con il testimone non trattato. La distribuzione delle forficule nell’appezzamento è stata quella storicamente sempre rilevata dal produttore, ovvero una maggiore presenza del dermattero nelle file limitrofe al mais.
Per quanto riguarda le prove di laboratorio le molecole maggiormente efficaci sono state due piretroidi (etofenprox e labdacialotrina) e un chelato di ferro (Nevio), seguiti dallo spinosad. Anche in questo caso i prodotti alternativi hanno dimostrato una scarsa efficacia. Per quanto riguarda i saggi eseguiti bisogna inoltre considerare che le condizioni sperimentali utilizzate in laboratorio sono diverse da quelle che si presentano in campo: nella capsula Petri infatti l’insetto rimane a contatto con il prodotto di cui il dischetto è imbibito fino a 72 h, mentre in campo, considerando di avere una buona bagnatura, l’insetto riceve uno spruzzo. Questo assetto sperimentale dunque risulta ottimale per valutare la reale efficacia di un prodotto, ma non è assicurato che l’efficacia dimostrata in capsula Petri sia la stessa che poi si verifica in campo.
Progetto XV – 2023 – La “patina bianca delle mele”
La “patina bianca delle mele”, è un inestetismo che si sviluppa sull’epidermide del frutto, inizialmente a partire dalla cavità peduncolare e poi si allarga fino a raggiungere la cavità calicina. È causato da una serie di funghi appartenenti al genere Tilletiopsis (classe dei basidiomiceti) identificati a partire del 2010 presso i laboratori del Settore Fitosanitario regionale e dell’Università di Torino: Tilletiopsis washingtonensis, Entyloma belangeri, Golubevia pallescens. Questi funghi, oltre che sui frutti colpiti, sono stati altresì isolati a livello di tronco, rami, foglie ed erbe infestanti. Proprio in questi siti superano l’inverno e sono pronti a reiterare il danno nel corso dell’annata successiva.
La prima segnalazione di patina bianca in Piemonte risale all’anno 2000 e nello stesso periodo il difetto estetico è stato registrato anche in Alto Adige e nel nord Europa (Germania e Olanda).
Obiettivi
L’attività di contenimento dei patogeni sarà valutata attraverso l’impiego di prodotti preventivi in meleto. I trattamenti saranno realizzati con polisolfuro di calcio, irrorazione dei frutti con azione disinfettante (acqua ozonizzata/idrolizzata), fosfonato di potassio per indurre la resistenza. L’applicazione avverrà in base alle condizioni ambientali in corrispondenza dei periodi più piovosi e a rischio comparsa patina.
A seguito della raccolta saranno eseguiti trattamenti dei frutti sintomatici e asintomatici con raggi UV prima della frigoconservazione e sarà monitorato il decorso dell’infezione durante la conservazione.
Risultati
Il trattamento che si è dimostrato più performante nel contenimento della Patina bianca è quello con Fosfonato di potassio. Segue il trattamento con Polisolfuro di calcio, che ha comunque contenuto lo sviluppo dell’inestetismo. La tesi 4 (Acqua idrolizzata) non ha mostrato differenze statisticamente significative rispetto al testimone non trattato.
I rilievi effettuati in post-raccolta per verificare l’efficacia dei trattamenti UV per il contenimento del danno da Patina bianca, non hanno mostrato differenze significative tra i trattati e i non trattati.